Percorso storico

Introduzione

La tenuta Spalletti Trivelli di San Donnino di Liguria, posta al centro dei vasti possedimenti che la famiglia aveva accumulato nel corso del tempo, era stata eletta a residenza estiva e rientra nel vivere in villa che caratterizzava le famiglie nobiliari del tempo. Il nucleo iniziale fu acquistato il 14 maggio 1776 dal banchiere reggiano Domenico Andrea Trivelli e dal fratello Gian Battista, dalla Camera Ducale Estense che ne era entrata in possesso alla morte dell’ultimo proprietario, il marchese Ernesto Federico Alessandro Giannini, in virtù dell’assenza di eredi. Il matrimonio tra Venceslao Spalletti e Maria Luisa (o Luigia) Trivelli sancisce la nascita del casato Spalletti Trivelli.

Il giardino di villa Spalletti Trivelli, così come lo vediamo oggi, ha il tipico impianto di un giardino paesaggistico (detto anche paesistico, o “all’inglese”), caratterizzato da boschetti con alberi in forma libera (in buona parte esotici) e radure a prato, da un lago dalle forme naturali con piccole isole raggiungibili tramite ponticelli, grotta rustica e pagoda cinese (ora scomparsa), da un tempietto neoclassico su un’altura, da una serra, da una “capanna svizzera” (ora scomparsa) che ricordava le baite e rimandava ad un paesaggio alpino, rialzi del terreno derivanti, in buona parte, dallo scavo del lago per dare movimento al piano orizzontale della pianura (e del giardino).

Il giardino paesistico, ideato in Gran Bretagna, da cui il nome di “giardino all’inglese”, è caratterizzato da un intento emulativo della natura e si ispira ai dipinti di paesaggio seicenteschi (quali quelli, ad esempio, di Salvator Rosa, Nicolas Poussin, Claude Lorraine) e ai giardini cinesi descritti in Europa nel ‘700, in contrapposizione a quelli rinascimentali e barocchi nei quali prevalgono le forme geometriche: viali rettilinei, siepi potate in forma regolare, vasche d’acqua circolari o rettangolari, alberi potati in forme geometriche. Il nuovo gusto giunge in Italia alla fine del Settecento e si afferma, in maniera diffusa, nel corso dell’Ottocento.

Il giardino di Villa Spalletti Trivelli, come oggi ancora lo vediamo, è stato realizzato in due fasi. La prima fase tra il 1843-44 e il 1855 circa, su progetto di Carlo Hüller, capo giardiniere ducale, del quale si conservano il tempietto, l’isola con la grotta e una parte del lago. In questo periodo il giardino viene chiamato “giardino inglese”, esplicito riferimento all’adozione, da parte dei conti Spalletti, del nuovo gusto paesaggistico “molto in voga”. La seconda fase che va, indicativamente, dal 1864 al 1890, è caratterizzata dal progetto iniziale del conte modenese Luigi Alberto Gandini, completato poi da Achille Villoresi, già giardiniere alla Villa Reale di Milano, appartenente ad una celebre dinastia di giardinieri e capo giardinieri che dalla Toscana si spostarono in Lombardia. In questo periodo, per volere del conte Giovan Battista Spalletti e del figlio Venceslao, la superficie complessiva del giardino viene considerevolmente estesa raggiungendo 33 ettari, viene ampliato il lago e costruiti la nuova serra, il rustico, la casa del giardiniere, la portineria e il casino cadetto. Viene poi trasformato e ampliato il palazzo padronale che assume l’attuale forma su progetto dell’architetto milanese Luigi Clerichetti, oltre alla realizzazione della nuova cappella e dell’ingresso alla chiesa parrocchiale.

1. Casa del Custode – Portineria
La casa del custode, edificata tra il 1870 e il 1873, è collocata a lato dell’ingresso principale al limite occidentale del giardino. Si tratta di un edificio in stile eclettico destinato ad ospitare il custode della tenuta dei conti Spalletti Trivelli e relativa famiglia, con funzioni anche di portineria, cioè di controllo sugli ingressi e le uscite in villa.

2. Casino cadetto
Questo edificio, chiamato sul finire del ‘700 “Casino cadetto” e, nell’Ottocento, “Casinetto”, più piccolo rispetto alla villa padronale, è presente in una mappa dei primi anni del ‘700 e viene citato in un inventario del 1775, anche se presumibilmente la sua edificazione è di molto precedente. Probabilmente destinato in origine a residenza invernale, in quanto meno oneroso da riscaldare rispetto al più ampio palazzo principale, fu oggetto di non meglio precisati interventi di “ristauri” tra il 1851 e il 1856. Nel 1862 si avviano lavori più corposi, tra cui il rifacimento del tetto, probabilmente frutto di una vera e propria ristrutturazione e ammodernamento dell’edificio.

3. Rustico
Il “nuovo rustico”, così veniva definito dai documenti dell’epoca, è un complesso a pianta quadrata con corte centrale, progettato dall’architetto Luigi Clerichetti e destinato a sostituire, nelle funzioni d’uso, i rustici, cioè i fabbricati accessori preesistenti, demoliti a seguito dell’ampliamento della villa padronale e della riorganizzazione degli spazi ad essa limitrofi. In origine Clerichetti aveva previsto due fabbricati rustici posti, rispettivamente ad est e ovest della villa. Gli Spalletti Trivelli tuttavia optarono per costruire un unico grande fabbricato rustico a ovest, i cui lavori ebbero inizio nel 1867, mentre ad est fecero edificare la serra. Nel fabbricato rustico trovava sede, tra l’altro, la selleria e vi fu costruito anche un passaggio coperto (restaurato di recente) che lo collegava alla scuderia (in fase di ricostruzione). Ora il rustico è adibito ad ospitare matrimoni e ricevimenti.

4. Palazzo Padronale
Il preesistente palazzo padronale, il cui primo impianto dovrebbe risalire al periodo compreso tra la fine del ‘500 e i primi anni del ‘600, fu ristrutturato a partire dal 1864 su progetto dell’architetto milanese Luigi Clerichetti. Inizialmente i conti Spalletti Trivelli si rivolsero all’ingegnere modenese Cesare Costa, poi, probabilmente non soddisfatti delle sue proposte progettuali si orientarono per Clerichetti, attivo in Lombardia e in Svizzera. Per dare maggior movimento ai due prospetti principali, posti rispettivamente a nord e a sud, l’architetto prevede la realizzazione di torrette angolari avanzate rispetto al corpo centrale, in analogia con il progetto di Villa Bignami a Cernobbio, sul lago di Como, apprezzato da Venceslao Spalletti Trivelli e che sarà fonte di ispirazione per la rinnovata residenza di San Donnino. Alla parte centrale del palazzo viene dato movimento con la realizzazione di una torretta con belvedere, cinto da una balconata protetta da ringhiera, ovvero un punto di osservazione privilegiato del grande complesso che gli Spalletti Trivelli andavano a realizzare.

5. Serra
A seguito dell’ampliamento del giardino, si rese necessaria la costruzione di una nuova serra di dimensioni adeguate alle accresciute esigenze di coltivazione e di ricovero di piante che non avrebbero retto i rigori invernali. Il progetto fu affidato all’architetto Clerichetti, il quale ne realizzò il disegno esecutivo nel 1870. I documenti dell’archivio Spalletti indicano che la nuova serra fu costruita tra il 1876 e il 1878. Nel mentre si continuava ad utilizzare la “serra vecchia”. La serra nuova era dotata di un moderno impianto di riscaldamento costituito da caloriferi e tubazioni in terra cotta. Subì ingenti danni durante la seconda guerra mondiale a causa di un bombardamento anglo-americano e fu ricostruita nel dopoguerra restando in funzione sino agli anni ’90 del secolo scorso. In prossimità della serra fu costruita una “serra estiva”, menzionata nei documenti contabili a partire dal 1882, caratterizzata da una struttura portante di solo metallo, ancora parzialmente esistente.

6. Casa del giardiniere e Campus
La Casa del giardiniere, destinata ad ospitare il capo giardiniere e la sua famiglia, era posta strategicamente a poca distanza dalla serra (permettendo così un rapido accesso al controllo del sistema di riscaldamento che, all’epoca, era basato sulla combustione del carbone). La casa è stata inglobata, in tempi recenti, all’interno di un edificio moderno, in legno lamellare e vetro, smontabile in una decina di giorni, destinato alla scuola (o “Campus”) di una celebre industria locale a cui possono accedere fino a 80 persone. Questo complesso rappresenta un interessante intervento di inserimento del nuovo in un contesto storico in cui, grazie alla competente Soprintendenza, si è cercata una soluzione a basso impatto visivo. Di taglio decisamente moderno onde evitare il falso storico e rendere immediatamente riconoscibile la datazione, il fabbricato è stato posto un po’ troppo a ridosso della parte posteriore della serra.

7. Lago
Il lago è un bacino artificiale costruito in occasione della prima fase di realizzazione del giardino, poi notevolmente ampliato nella seconda fase. La sua realizzazione era favorita da una concessione, avvenuta nel 1698, dal “Pubblico di Reggio” al marchese Carlo Antonio Giannini, antico proprietario della villa, che consentiva di addurre l’acqua del fiume Secchia tramite un “cavo” (canale) detto “la Zannina”, “in perpetuo […] a di lui piacimento, senza alcun pagamento e senza dipendere da alcuno”. Con la terra di scavo ottenuta dalla creazione del bacino del lago furono realizzati movimenti di terra che costituirono la vicina montagnola, rialzata rispetto al piano di campagna, per dare movimento al giardino stesso. Il lago era un elemento fondante del “giardino all’Inglese”, infatti, come riportava Ercole Silva nel suo trattato “Dell’Arte de’ Giardini Inglesi” (1801 e 1813) “Un picciol lago però pare indispensabile che faccia parte di un giardino di una vasta estensione […] Il carattere del lago è il riposo”, destinato a suscitare sensazioni di “calma e di dolce piacere”. Tra il 1869 e il 1872 si scava per ampliare il lago e portarlo all’attuale estensione, mantenendo però, le isolette, il ponte con la pagoda cinese e la grotta realizzate precedentemente.

8. Isole, ponticelli, grotta rustica e Capel Cinese
Le due piccole isole che compaiono nel lago sono state completate nella corso della prima fase di realizzazione del giardino all’inglese. La terza, quella più modesta delle tre, compare nelle planimetrie riferite alla seconda fase, quando il lago fu notevolmente ampliato. Le “isole – scriveva Ercole Silva – servono in un lago tanto a rompere la nuda superficie dell’acque che ad arricchir la scena […] non più però di due o tre, perché occupano troppo spazio, e tolgono l’effetto dell’acqua”. Due isole sono accessibili mediante ponticelli, su uno dei quali era stata realizzata tra il 1852 e il 1853 una ricostruzione di pagoda, elemento diffuso nei giardini “all’inglese” che, sin dalle origini, si ispiravano tra le altre cose ai giardini cinesi, tant’è che nel Continente furono inizialmente chiamati “giardini anglo-cinesi”. La pagoda del giardino Spalletti detta, all’epoca, “Capel Chinese” o “Capel Cinese”, era delimitata da pareti con vetri colorati e all’interno vi era stato collocato un salottino ove prendere il tè e conversare. E’ stata smontata negli anni ’50 del Novecento. In una delle due isole è ancora presente una piccola grotta rustica, realizzata tra il 1850 e il 1851, altro elemento caratteristico del “giardino inglese”; attualmente non è visitabile per motivi di sicurezza.

9. Belvedere rustico
Il belvedere rustico è collocato in prossimità del lago, sulla sponda nord, vicino alla retrostante collinetta artificiale sulla quale si erge il tempietto neoclassico. Si trattava di un punto di osservazione sopraelevato, panoramico, nel quale sostare e godere della tranquillità che suscitava la superficie calma delle acque del lago, che, visto dall’alto del belvedere, “eccita sentimenti inesprimibili” come scriveva Ercole Silva. Costruito nel 1862, di questo manufatto oggi si può osservare il solo basamento in pietra in quanto è andata perduta la parte soprastante, che era data da pali in legno e tetto a capanna circolare ricoperto di materiale vegetale (probabilmente cannette di fiume).

10. Tempietto neoclassico
Il tempietto neoclassico è un’altra componente architettonica caratterizzante il “giardino all’inglese”. La sua presenza si ispira ai templi greci e romani, una citazione del mondo classico, riconducibile al neoclassicismo, un movimento culturale che si sviluppò in Europa tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento. Il tempietto del giardino Spalletti sorge su una piccola montagnola posta a nord del lago, ha pianta circolare ed è costituito da sei colonne che sorreggono una cupola emisferica. Originariamente dedicato ad Ercole, dagli anni ’50 del Novecento ospita una statua di Sant’Antonio da Padova.

11. Cappella privata
La Cappella privata, detta anche “Cappella mortuaria” o “Nuova cappella” in quanto già ne esisteva una all’interno del palazzo (chiamata anche “Oratorio”), è uno degli ultimi interventi architettonici realizzati nel giardino di Villa Spalletti e destinato a dare sepoltura ai defunti della famiglia secondo un uso abbastanza diffuso in ambito gentilizio. I lavori di edificazione iniziarono nel 1887 e si conclusero nel 1890. Vi lavorarono, tra gli altri, il prof. Samoggia per i chiaroscuri, lo scalpellino Paron per le decorazioni, il selciato e la targa iscritta, tuttora presente, che riporta la data di ultimazione dei lavori, Cantagalli per il bassorilievo. La cappella è situata ai margini del grande giardino, in una zona isolata e appartata, come si conveniva ad edifici di questo genere, “onde collocare un simile edifizio in una situazione selvaggia, e lontana dalle abitazioni […] in una scena di un carattere tranquillo e melanconico, ombreggiata di antichi gruppi d’alberi, non mancherà mai di destare nel nostro cuore il germe di pietà religiosa” (Giovanni Magazzari, Trattato della Composizione e dell’ornamento de’ Giardini, 1837)

12. Accesso privato alla chiesa parrocchiale
Nel 1870 viene progettata una tettoia in ferro lavorato che dal parco immette direttamente alla chiesa di San Donnino tramite un ingresso secondario, posto sul lato nord della chiesa stessa. L’ accesso era riservato ai conti Spalletti e ai loro dipendenti.

Ricerca storica e testo a cura del dott. agr. Eraldo Antonini
Progetto e grafica a cura del dott. agr. Eraldo Antonini e dell’arch. Angelo Silingardi Seligardi
Foto di Michele Sensi
Acquerello di Copertina e mappa dell’artista Monica Bonvicini